mercoledì 7 novembre 2007

ETNA IL POSTO DELLE CILIEGIE


Con la Dop in tasca, il frutto fa il giro del mondo
LaCiliegia deLl’Etna va alla conquista dei mercati nazionali ed esteri e dei consumatori. Ottenuto, pochi mesi fa, il marchio Dop, l’associazione e il consorzio dei produttori proseguono a ritmo serrato le attività di promozione e divulgazione, ponendosi nuovi e ambiziosi obiettivi.Su più di 530 ettari, nella provincia di Catania, gli alberi autoctoni di ciliegio riempiono il paesaggio di fiori e profumi, dal litorale a ben oltre mille metri d’altezza. La Dop è stata ottenuta dalle varietà Mastrantoni, Napoleone, Raffiuna e Maiolina. La produzione cerasicola etnea raggiunge mediamente le 1.300 tonnellate, interessando circa dodici comuni. Un universo dalle grandi potenzialità. Proprio per dare rappresentanza e voce univoca al settore è nata quattro anni fa l’associazione produttori della Ciliegia dell’Etna, che ha subito cominciato a stilare protocolli d’intesa con numerosi entilocali: Giarre prima, Trecastagni, Zafferana, Sant’Alfio, Linguaglossa,Milo,Fiumefreddo di Sicilia,Piedimonte Etneo e il Parco dell'Etna poi.«L’associazione, che riunisce 25 operatori,sta progredendo a piccoli passi — spiega il presidente Ivana Sorge — ma purtroppo scontiamo la mancanza di una mentalità che spin
segue
ga all’unificazione delle forze. Al Nord la maggior parte degli operatori è consorziata, qui lo sono in pochi:probabilmente perché non si comprende bene il tesoro che si ha per le mani. I protocolli, al momento tredici ma altri ce ne sono da sottoporre alla firma, fanno sì che l’ente ci riconosca unici interlocutori per la diffusione del marchio Dop della ciliegia dell’Etna».Dell’associazione fanno parte piccoli e grandi operatori, da quelli con 70-100 piante fino a quelli con 500-1000 piante. «I primi — aggiunge Sorge — sono ovviamente i più propensi ad associarsi perché si rendono più facilmente conto della forza che deriva dalla collaborazione». Da tempo l’associazione realizza un tour per coinvolgere altri operatori e il prossimo anno conta di raddoppiare gli associati. Ad affiancarla, in questa impresa, c’è il Consorzio per la tutela della Ciliegia dell’Etna, costituito nel marzo 2004. Il presidente è Salvino Barbagallo, già assessore regionale, produttore per passione, per sua stessa ammissione affascinato dai colori e dai profumi delle ciliegie: «Il consorzio punta a completare la filiera integrando anche i trasformatori. Intanto il prossimo anno partiremo con la commercializzazione, passo per il quale aspettavamo il marchio Dop. Quindi verrà perfezionato il protocollo di produzione e nascerà anche un bollettino con i dati sulla produzione». Il consorzio continua ad attirare soprattutto i produttori che, avendo altre attività, vogliono comunque mettere a frutto il terreno: il conferimento del prodotto al consorzio è in tal senso una garanzia. «Per avere il nostro prodotto — dice Barbagallo ci cercano da tutte le parti. La “Metro”, per esempio, è stata la prima catena con la quale abbiamo firmato un contratto. Naturalmente questo è un primo passo, una volta a regime potremo iniziare a correre. Ecco perché i produttori sostengono che la cerasicoltura abbia ottime prospettive. E perché puntano con fiducia all’espansione dei mercati di sbocco dei prodotti».Gli obiettivi del Consorzio sono sintetici e precisi: la riconversione dei numerosi terreni abbandonati sull’Etna; un incentivo per quanti decidano di impiantare ciliegie nell’area etnea; una condizione di tranquillità nella commercializzazione del prodotto; la crescita occupazionale nell’ambito produttivo, ma anche in prospettiva in quello della trasformazione (confettura e non solo). Ovviamente non mancano le minacce, riconducibili essenzialmente alla concorrenza, non sempre leale, degli altri Paesi del Mediterraneo. «Alle banchine del porto di Catania ma anche di Palermo — osserva il presidente del Consorzio — arrivano ciliegie nordafricane e turche, spesso commercializzate come ciliegie dell’Etna. Si tratta di concorrenza sleale, anche perché grazie al costo di produzione irrisorio vengono vendute a 50 centesimi». Ed è per questo motivo che il consorzio pensa di istituire un ufficio di vigilanza, così da arginare simili fenomeni. (O.V.)
E Trecastagni diede i natali al caratteristico “Don Antonio”
Si chiama ‘Mastrantoni” una delle varietà di ciliegia dell’Etna che ha ottenuto il marchio Dop. Il nome suona molto caratteristico. E in effetti lo è. Come spiegano i produttori, la denominazione deriva dalla varietà nata in maniera spontanea, “Don Antonio” (o “Mastrantonio”, appunto), a Tre- castagni. Si tratta di un ibrido spontaneo originatosi da un seme di Raffiuna e si presenta come un frutto di buona pezzatura con polpa croccante e di ottimo sapore. E stato scoperto che la Mastrantonio, caratterizzata grazie al lavoro dell’Unità operativa dell’assessorato di Giarre, in una sua fase di maturazione ha un concentrato di antociafine superiore persino alle arance rosse.
Un’annata da dimenticare Produzione in calo dell’80%
È un’annata da dimenticare, per i produttori cerasicoli, quella del 2007. Gli operatori accusano una moria di fiori, e dunque della produzione dell’80%, dovuta alla monilia, che ha compromesso la resa delle piante. E al danno, sostengono i produttori, è seguita la beffa, perché i quattro giorni pressoché ininterrotti di pioggia, a giugno, hanno ulteriormente ridotto quanto era riuscito a salvarsi dalla precedente minaccia. La produzioni è stata quindi ridotta al lumicino, costringendo gli operatori a rivedere anche i piani di commercializzazione. Sui danni subiti dalla Ciliegia dell’Etna il parlamentare regionale Fausto Fagone ha presentato un’interrogazione all’Ars.
LE VARIETÀ
Mastrantonio, Raffiuna, Napoleona e Maiolina La piattaforma del gusto nasce sotto il vulcano
È del 30 novembre 2006 il decreto per la Protezione transitoria accordata a livello nazionale alla denominazione «Ciliegia dell’Etna», «per la quale — si legge — è stata inviata istanza alla Commissione europea per la registrazione come Denominazione di origine protetta». Il decreto fa riferimento a «una piattaforma varietale composta dalle seguenti tipologie locali o ecotipi: la Mastrantonio, la Raffiuna, il gruppo Napoleona (precoce-verifica-forestiera) e la Maiolina». Quindi indica la zona di produzione che «comprende in tutto o in parte il territorio amministrativo dei comuni di Giarre, Riposto, Mascali, Fiumefreddo di Sicilia, Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Randazzo, Mito, Zafferana Etnea, Santa Venenna, Sant’Alfio, Trecastagni, Pedara, Viagrande, Nicolosi, Ragalna, Adrano, Bianca- villa, Santa Maria di Licodia, Belpasso, Aci Sant’Antonio, Acireale».
luglio/agosto 2007IL MULTIMEDIALE DELL’AGRICOLTURA